Il diario geniale della signorina Shibata

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    Titolo: Il diario geniale della signorina Shibata
    Autore: Emi Yagi
    Genere: Narrativa
    Ambientazione: Tokyo, Giappone
    Tempo: attuale
    Pagine: 162
    Casa Editrice: Mondadori
    Titolo originale: Kushin Techo

    Shibata è una giovane impiegata che lavora negli uffici di un'azienda che produce tubi e anime di cartone ma da quando è stata assunta, si è resa conto che le toccano sempre piccole mansioni non strettamente legate al lavoro che nessun altro fa, ma che danno per scontato che siano compito suo, quasi certamente perché è l'unica donna dell'ufficio, cose come preparare e servire il caffè agli ospiti, distribuire gli snack, tenere in ordine la cucina, cambiare il toner della stampante eccetera.
    Un giorno, stanca di dover essere l'unica ad occuparsi di quelle piccole incombenze, dice di non poter preparare il caffè perché è incinta e l'odore la fa stare male.
    Da quel momento in poi l'atteggiamento di tutti quanti nei suoi confronti cambia improvvisamente. Le viene prestata molta più attenzione e può persino rientrare a casa prima di tutti gli altri, così incomincia a godersi per davvero la vita. Ma una farsa per essere credibile, deve essere portata avanti fino in fondo, dunque Shibata ne sarà davvero in grado?


    :writing:

    Il motto di questo romanzo sembra essere: "Ripeti la tua bugia finché non diventa la verità" (motto che fra l'altro è una citazione di Nikita).
    Quello che infatti sembra presentarsi come un semplice romanzo di narrativa in stile silce of life, in realtà, seppure con leggerezza è in grado di raccontare e al tempo stesso denunciare alcuni aspetti legati al mondo del lavoro giapponese, soprattutto per quanto riguarda le donne. Eppure, nonostante questo, il romanzo sembra non volersi assumere nessuna responsabilità, ovvero che anche laddove tocca dei temi estremamente delicati, non si fa comunque sostenitore della causa in maniera chiara e tagliente, ma mantiene comunque un tono mite e pacato quasi come se l'autrice stessa di sentisse in diritto di manifestare il suo disappunto per una determinata cosa, ma poi finisse per scusarsi immediatamente dopo per aver alzato la voce, il che conferisce al personaggio di Shibata un atteggiamento comunque remissivo. Nonostante infatti lei si sia ribellata inventandosi questa bugia per vedere che cosa sarebbe accaduto, alla fine continua a fare il suo dovere ugualmente, non diventa un'attivista per la causa, perché chiaramente non è quello il suio intento. Per alcuni versi, il suo comportamento potrebbe anche essere interpretato come un atteggiamento egoista, ovvero "mi invento una scusa per non fare più determinate cose perché non mi va" dunque sebbene sia giusto che si opponga, alla fine non fa il passo ulteriore, cioè non si confronta coi suoi superiori per far capire loro che cosa non va, ma rimane nel suo, come se appunto l'unica cosa che le interessava era migliorare anche solo temporaneamente le sue condizioni al lavoro.

    Per completezza devo aggiungere una PARTE SPOILER perché altrimenti non riuscirei a fare una recensione completa, dunque se non volete rovinarvi il finale del libro, FERMATEVI QUI

    Dato che lo scopo del romanzo non è fare attivismo, è forse anche per questo che ci troviamo davanti ad un finale incongruente con lo stato di avanzamento narratoci negli ultimi capitoli, un momento in cui non sappiamo più cosa sia reale e cosa no, in cui appunto forse semplicemente questa bugia ripetuta potrebbe essere diventata realtà, ma forse non è così. Insomma, che cosa è successo? Shibata alla fine era davvero incinta? Oppure no? Gli ultimi capitoli sembrano suggerirci proprio questo, come se lei stessa non si fosse resa conto che in realtà lo era davvero, ma poi il finale contraddice tutto e sembra tornare sui suoi passi. E il motivo di questa scelta, resta completamente ignoto. Insomma, se la farsa era una farsa, perché non andare fino in fondo? E se invece non lo era, perché annullarla nelle ultime pagine? Sinceramente è una scelta che mi ha lasciato letteralmente basita.



    Alla fine questo romanzo è piuttosto simile a Quando Cadrà La Pioggia Tornerò (chi lo conosce avrà capito). Siamo sempre davanti ad un caso di narrativa in cui viene inserito un elemento surreale che però sembra un po' cozzare con l'insieme, come se fosse un ingranaggio che si incastra male con gli altri e di cui sinceramente non capisco il senso. Certo, non è che tutto debba essere per forza razionale e logico in un racconto, a volte un elemento surreale può essere un mezzo per diffondere dei precisi messaggi in sotto-testo, ma se ciò non accade, la percezione totale risulta piuttosto insensata. Non lo so, forse questi autori cercano di imitare Miyazaki, che nelle sue opere mescola spesso reale e surreale? Però è una tecnica che richiede una certa padronanza. Saper giocare sul confine labile fra realtà e immaginazione non è semplice e ci vuole un attimo per trasformare un elemento possibile solo a livello immaginario ad un'assurdità totale che il cervello umano si rifiuta di elaborare. Forse è una tecnica che con le immagini ha una resa migliore, perché è più facile giocare con le inquadrature e gli effetti in modo da mostrare allo spettatore una determinata cosa e poi invece rivelargli che era l'esatto contrario. Con gli scritti forse diventa un attimo più complesso.
    Magari sono solo io che sono sfortunata e per ora mi sono capitati romanzi di questo tipo che a me non sembrano così geniali. Farò un altro tentativo e poi vedremo :')
     
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0 replies since 20/3/2024, 10:59   4 views
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