Storia d'Inverno

Mark Helprin

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    Titolo: Storia d'Inverno
    Autore: Mark Helprin
    Genere: romantico/drammatico/sovrannaturale
    Ambientazione: New York , USA
    Tempo: il racconto è diviso in due parti: una prima ambientata nel Ottocento e una ambientata nel 1999
    Pagine: 846
    Casa Editrice: Neri Pozza Editore
    Titolo originale: Winter's Tale
    Dal romanzo è stato tratto anche un omonimo film

    La storia segue le vicende di Peter Lake, un orfano cresciuto nella baia della città di New York e poi diventato dapprima operaio meccanico e in seguito ladro professionista.
    E' proprio durante questa sua nuova carriera, mentre cerca di liberarsi dal suo attuale capo Pearly Soams che non è più intenzionato a seguire, che si imbatte in Beverly Penn, una giovane fanciulla figlia di uno dei personaggi più illustri della città. I due si innamorano, ma lei è gravemente malata e non le rimane molto tempo, dunque la loro è una relazione molto delicata e difficile.
    Quando il giorno del loro addio giunge, a Peter Lake sembra non essere rimasto altro da fare che tornare alla sua vita di sempre, ovvero sfuggire ai Coda Corta che continuano incessantemente a dargli la caccia. La battaglia sembra arrivata al punto decisivo e la storia potrebbe concludersi qui, non fosse che, circa un secolo dopo, ancora qualcosa continua a muoversi nella città di New York e un giorno, misteriosamente, il corpo di un uomo viene ritrovato in mare. L'uomo non ricorda nulla né di sé né del suo passato. Sente però che c'è una ragione per la quale è ancora in vita e così inizia il suo viaggio di ricerca.


    :writing:

    Avevo deciso di leggere il romanzo da cui è stato tratto questo film per via di alcune perplessità insorte durante la sua visione, in particolare alcune scelte di trama della seconda parte del racconto, sperando in questo modo di avere un quadro più chiaro, dato che capita spessissimo che i film tratti dai libri siano una versione "diluita" e anche confusionaria.
    Ebbene, con mio grande rammarico devo dire che non potevo prendere decisione peggiore. Siamo davanti a un rarissimo caso in cui il film è riuscito a superare di gran lunga l'opera prima, nonostante i suoi evidenti difetti.
    Il romanzo è di per sé molto lungo e suddiviso in 4 parti, dunque ci sarebbe da aspettarsi una lettura impegnativa, questo è vero, ma non giustifica affatto ogni cosa.
    Ho letto per intero la trilogia del Castello Errante e benché persino lo stile di Diana Wynne Jones non sia fra i più scorrevoli, non mi sono trovata in difficoltà come con questo romanzo.
    Mark Helprin ha uno stile di scrittura complesso e arzigogolato, che si perde in una sovrabbondanza di retoriche e periodi lunghissimi in cui spesso finisci per dimenticarti chi è il soggetto della frase e voli pindarici descrittivi con accostamenti chilometrici e spesso improbabili di aggettivi che teoricamente dovrebbero aiutare il lettore a figurarsi in mente meglio le scene, ma che in realtà lo lasciano a fissare il vuoto perplesso.
    Non ho mai letto un romanzo barocco (per mia fortuna), ma se dovessi immaginare di farlo, probabilmente mi imbatterei in qualcosa di molto simile.
    L'eccesso e la sovrabbondanza di termini ostentata in ogni singola costruzione è terrificante, talmente pesante da togliere il fiato, far incrociare gli occhi e decidere che è meglio saltare il paragrafo a pié pari e passare oltre. E ne ho saltati di paragrafi. E capitoli anche. Sì, capitoli, perché ci sono intere parti di questo romanzo che in realtà non raccontano un bel niente. Descrizioni della natura e degli ambienti meramente fini a loro stesse, narrazioni di piccoli episodi che in realtà non hanno alcun peso nello sviluppo della trama, molto spesso saltando di palo in frasca, continuando a cambiare ripetutamente i soggetti delle scene, inserendo un esercito infinito di personaggi di cui vengono raccontati fatti personali che teoricamente dovrebbero farci capire meglio che tipo di persone siano, ma che in realtà sono utili quanto i pettegolezzi di zia Maria alla cena di Natale.
    Sebbene l'inizio del racconto sembri promettente e di fatto permetta di capire un po' meglio chi era Peter Lake veramente (mentre nel film alcuni aspetti sono appena accennati), da dove arriva il misterioso cavallo bianco eccetera, dopo la morte di Beverly (ormai non lo si può neanche considerare uno spoiler perché si parte già dall'inizio sapendo che è malata) e lo scontro coi Coda Corta, tutto il resto del romanzo diventa un caotico delirio di pagine e pagine e pagine e pagine di infinito NULLA. Peter Lake impiega una quantità spropositata di tempo a recuperare i ricordi del suo passato e a ricostruire la sua vita nel mentre che ci vengono presentati una sfilza di personaggi di cui non sappiamo che cosa farci. Chi sono? Da dove arrivano? Che ruolo hanno nella storia? E' un mistero. E via di paragrafi narrativi sulla vita di ciascuno di loro dalla nascita fino ai giorni nostri.
    Tutto questo delirio prima o poi doveva finire, lo sappiamo. Peter Lake non è morto nonostante avrebbe dovuto e non sembra nemmeno invecchiato, ci sarà pure una ragione. Che cosa gli ha permesso di sopravvivere? Stiamo aspettando tutti di capirlo. E (ok questo si è uno SPOILER ma ve lo devo fare per risparmiarvi tempo) in verità non lo capiremo mai.
    L'ultimo atto nella storia è ambientato in uno scenario apocalittico che farebbe invidia al più ambizioso autore di storie di supereroi. Il millennio sta per finire e tutta la città è in fiamme. Il mondo è giunto alla sua fine. E in questa cornice (come al solito descritta in maniera eccessiva) tutti i millequattrocento personaggi incontrati fin qui dovrebbero incontrarsi e chiudere così il cerchio, giusto? Sbagliato. O meglio, sì ma non proprio.
    La scena dello scontro finale doveva essere in teoria la più importante di tutte, il culmine del climax di emozioni e tensioni, ma a quanto pare anche allo pseudo-barocco-decadentista più coriaceo prima o poi si scaricano le pile dell'immaginazione e quindi, rispetto a tutto il caos di poco prima, il crescendo in realtà è un diminuendo che si schianta al suolo e ci fa restare a fissare le pagine sbattendo ripetutamente le palpebre per cercare di capire che cosa sia appena successo, tutto questo mentre un ponte straordinario doveva venire gettato da tre tizi ma siccome era troppo pesante o non so che altro, non regge e quindi svanisce (non fate domande, prendetela per quello che è o se volete capire, leggete il libro).
    E quindi niente, tutto finito. Peter Lake se ne va al grido di Omnia Amor Vincit (perché di certo non potevamo farci mancare il motto falsamente colto) e la vita della città va avanti, così, come se niente fosse accaduto davvero e come se non fosse mai stata distrutta completamente da un colossale incendio.
    Io ci ho rinunciato a capire, ma se voi volete tentare, non vi fermo.

    Detto questo, dunque mi sento di dover porgere le mie più sincere scuse allo sceneggiatore del film perché di fatto mi rendo conto che non deve essere stato semplice cercare di tirare fuori una trama che avesse una parvenza di senso da tutto questo caos, anzi ammiro gli sforzi (io mi sarei lanciata dal balcone). Ha i suoi difetti, questo è vero, ma ha comunque molto più senso dell'intero romanzo, una sorta di imperfezione perfetta. Quindi se non avete né tempo né voglia da perdere, lasciare stare il libro e godetevi il film.
     
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0 replies since 10/10/2022, 09:33   9 views
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